Diritto di abitazione e usufrutto, ma cosa sono, come funzionano e qual è la differenza tra i due? Può capitarti, quando meno te lo aspetti, di trovarti in una di queste situazioni o averci in qualche modo a che fare.
- Diritto di abitazione e usufrutto
- Diritto di abitazione e usufrutto possono coesistere?
- Usufrutto e diritto di abitazione, chi paga IMU?
Diritto di abitazione e usufrutto
Essere proprietario di una casa vuol dire avere la piena titolarità, fino a quando non decidi di cedere ad altri una parte dei tuoi diritti, rinunciando a disporre di essa in maniera esclusiva.
Avere l’intera proprietà significa, riprendendo ciò che è scritto all’articolo 832 del codice civile, che: “Il proprietario ha diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con l'osservanza degli obblighi stabiliti dall'ordinamento giuridico”.
Quando costituisci diritti reali minori a favore di altri soggetti diventi nudo proprietario, “nudo” poiché dal momento della costituzione di uno dei diritti reali, il tuo diritto di proprietà non è più pieno, ma viene compresso in alcune facoltà per tutta la durata di tali diritti. Questo significa che hai una parziale proprietà della casa e le tue possibilità di utilizzo dell’immobile vengono limitate da tali diritti minori.
Ci riferiamo, in particolare, a due diritti reali: il diritto di usufrutto e il diritto di abitazione. Questi due diritti reali attribuiscono al soggetto titolare determinate facoltà, per un periodo definito di tempo, su una cosa proprietà altrui. In cosa consistono, come funzionano, ma soprattutto in cosa si differenziano il diritto di usufrutto e il diritto di abitazione?
Con il diritto di usufrutto si ha la facoltà di godere del bene e farne propri i frutti, rispettandone la destinazione economica, così come stabilisce l’art. 981 del codice civile: “L'usufruttuario ha diritto di godere della cosa, ma deve rispettarne la destinazione economica. Egli può trarre dalla cosa ogni utilità che questa può dare, fermi i limiti stabiliti in queste capo.”
Facciamo qualche esempio. Perché dovresti costituire il diritto di usufrutto o, eventualmente, al contrario, stando dall’altra parte, perché ai nudi proprietari potrebbe convenire?
Potresti farlo perché intendi riservarti un maggiore potere sulla casa: in tal modo lasceresti al nudo proprietario, che potrebbero essere, ad esempio, i tuoi figli o i tuoi nipoti, solo la possibilità di ottenerne la proprietà al momento della tua morte. Solo allora si estingue il diritto, consolidandosi naturalmente con la nuda proprietà.
La riserva del diritto di usufrutto potrebbe essere una buon idea nel caso in cui tu intendessi gestire il tuo patrimonio in vita, in modo da non avere una situazione indefinita un domani, in seguito all’apertura della successione. Con questo diritto reale potresti donare la casa ai tuoi eredi, senza fare necessariamente la donazione, ma riservandoti il diritto di abitarci per tutta la tua vita.
In qualità di usufruttuario, cioè di titolare del diritto di usufrutto, non solo potresti abitare ancora nella tua casa, ma potresti trarre da essa ogni forma di utilità, rimanendo però nei limiti previsti dalla legge. Puoi, per esempio:
- concedere in locazione la casa e, quindi, godere del canone del contratto di affitto;
- cedere il tuo diritto di usufrutto per un determinato periodo di tempo o per tutta la durata, sempre che non sia espressamente vietato nel contratto. Se la persona a cui lo hai ceduto muore prima di te, tale diritto torna in capo a te che sei il titolare;
- costituire, sulla casa, un diritto reale di contenuto minore, quali ad esempio il diritto di uso e di abitazione;
- ipotecare il tuo stesso diritto: l’ipoteca si estinguerà alla cessazione dell’usufrutto.
Invece, cosa avviene con il diritto di abitazione?
Con il diritto di abitazione si ha solo la facoltà di abitare una casa nei limiti dei bisogni propri e della propria famiglia, così come stabilisce l’art. 1.022 del codice civile: “Chi ha il diritto di abitazione di una casa può abitarla limitatamente ai bisogni suoi e della sua famiglia.”
Con il diritto di abitazione puoi, quindi, godere solamente del diritto di abitare in quella specifica casa, senza però avere il diritto di godere dei frutti e del bene, così come avveniva con il diritto di usufrutto. Il diritto di abitazione è più limitato del diritto di usufrutto. L’art. 1.024 del codice civile, ci dice, infatti, che “i diritti di uso e di abitazione non si possono cedere o dare in locazione.”
Il diritto di abitazione deve essere esercitato dal suo titolare in modo diretto e personale. Considera però che può anche essere costituito, contemporaneamente, a favore di più persone.
Quindi, qual è la differenza tra usufrutto e diritto di abitazione?
Si tratta di una differenza sostanziale: le facoltà che derivano dal diritto di abitazione sono minori e meno ampie rispetto a quelle che spettano con il diritto di usufrutto. Se sei titolare del diritto di abitazione non puoi cedere o dare in locazione il bene, che in questo caso è la casa, a terzi ma, solo goderne, in base alle necessità tue e della tua famiglia. Si tratta di un limite soggettivo al godimento di tale diritto, riconosciuto solo a te che sei il titolare e alla tua famiglia.
Il diritto di usufrutto e il diritto di abitazione possono essere costituiti:
- con un contratto: come proprietario della casa cedi a un’altra persona il diritto di usufrutto o di abitazione, abbandonando tale abitazione per consentirle di abitarla e quindi usufruirne;
- con riserva: come proprietario della casa, vendi o doni tale immobile a un’altra persona, riservandoti però il diritto di usufrutto o di abitazione.
Qual è, invece, la differenza tra usufrutto e diritto di abitazione ai fini fiscali?
Il diritto di abitazione è più conveniente dal punto di vista economico, visto che in caso di costituzione del diritto di usufrutto tutti gli obblighi fiscali restano in capo all’usufruttuario, che avrà anche l’obbligo di provvedere alle spese di manutenzione ordinaria e straordinaria.
Per quanto riguarda l’imposta di registro, dovrà essere pagata dall’usufruttuario o dal titolare del diritto di abitazione. Tale imposta verrà calcolata sul valore del bene o del diritto al momento dell’atto.
Diritto di abitazione e usufrutto possono coesistere?
Diritto di abitazione e usufrutto possono coesistere?
Sì, come abbiamo visto, possono coesistere nel momento in cui il titolare del diritto di usufrutto decida di costituire, sulla casa, un diritto reale di contenuto minore, che può essere anche il diritto di abitazione.
La legislazione afferma che possono coesistere, ma solo nel momento in cui si tratti di soggetti distinti, poiché se entrambi i diritti fossero in capo alla stessa persona, uno dei due sarebbe assorbito dall’altro: il diritto di usufrutto, che prevede un contesto più ampio, sarebbe limitato dalla presenza del diritto di abitazione.
Usufrutto e diritto di abitazione, chi paga IMU?
Usufrutto e diritto di abitazione, chi paga IMU?
La risposta è: entrambi, in qualità di titolari di diritti reali di godimento sul bene immobile in questione. Soffermiamoci sul diritto di usufrutto.
L’usufruttuario dispone di facoltà molto ampie ed è proprio per questo motivo che la normativa dell’Imu lo individua come soggetto passivo d’imposta, cioè come la persona che è tenuta al pagamento del tributo periodico. Su una casa in usufrutto l’obbligo di pagamento dell’Imu ricade quindi sull’usufruttuario, anziché sul nudo proprietario.
L’usufruttuario gode effettivamente dell’immobile su cui ha il diritto, ma ha anche la possibilità di fruire anche delle esenzioni dal pagamento dell’Imu, quando ha stabilito proprio in esso la sua residenza anagrafica e la dimora abituale. L’usufruttuario gode dell’esenzione prevista per gli immobili che sono adibiti ad abitazione principale (la «prima casa»), purché non sia di lusso, e cioè gli immobili inseriti nelle categorie catastali A/1, A/8 ed A/9. L’IMU, l’Imposta Municipale Unica, non va pagata nel caso in cui l’usufruttuario utilizzi l’immobile come prima casa.
Non è prevista l’esenzione, e quindi l’usufruttuario è tenuto a pagare l’IMU, nel caso in cui l’appartamento rimane vuoto o viene dato in locazione a inquilini.
Fonti: Agenzia delle Entrate e Codice civile